| Ci sono cose che solo i bambini riescono a vedere. Ombre che, nascoste nel riverbero si muovono furtive alle spalle degli adulti, facendo strane smorfie ai più piccoli per terrorizzarli. Chi ha la lingua sciolta per esprimersi, in fremiti, racconta di mostri o esseri che chiedono cose… fanno cenno di seguirli… chi invece è troppo piccolo per parlare, come unica arma di difesa ha il pianto, singulti dolorosi che squarciano l’aria e la fanno vibrare.
Ci sono cose, che una volta viste lasciano un segno e chiedono un pegno. La scia che imprimono nell’animo di chi ha osano guardarli vedendoli è talmente profonda da essere visibile all’occhio umano.
Le cose, furtive, sgusciano via dal fosso dove sono state seppellite per dimorare nelle case altrui e tingerle di sensazioni e rumori sinistri, di angosce esistenziali che non hanno fondamento, di paure che non conoscono cure.
Alla nascita di Vittoria, la sua casa era stata invasa da una luce smorta che aveva creato troppe ombre, parassiti che strisciavano furtivi lungo le intercapedini e abitavano, furtivi gli specchi. Vittoria, piccolo cucciolo indifeso, ne coglieva i movimenti, piangeva disperata per annunciare a sua madre la venuta di ospiti poco graditi, la cui visita avrebbe tolto felicità a un luogo che un tempo era stato epicentro d’amore.
La madre, Natalie, cullava sua figlia tra le braccia con un senso di pesantezza all'altezza della nuca, un brivido gelido che le serpentava addosso per tutto il giorno. La notte invece era la casa a farsi sentire, avvolta dalle ombre, sembrava piegarsi, contorcersi e produrre rumori sinistri. Natalie non vedeva nulla, ma come caricata da sua figlia percepiva la casa attraverso i sensi e la pelle della neonata. Questo la faceva stare sempre sul chi va là, profeta di una tragedia che bussava alla sua porta.
|
